Ai sensi del can. 1095, nn. 2 e 3 c.i.c. l’incapacità matrimoniale che rende nullo il vincolo coniugale deve trovare origine in una causa di natura psichica grave, la quale può essere correlata anche a un disturbo del comportamento alimentare, come l’anoressia nervosa.

Il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Pugliese di Bari, con TEIP, coram Tupputi, 7 maggio 2024, prot. n. 51-2024, dichiara la nullità del vincolo matrimoniale sia per grave difetto di discrezione di giudizio (mancanza di libertà interna) circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente (can. 1095 n. 2 c.i.c.) sia per incapacità ad assumere gli obblighi essenziali del matrimonio per cause di natura psichica (can. 1095 n. 3 c.i.c.) nella donna.

Come impone il rigore giuridico, è provato, in casu, il nesso di causalità fra l’anomalia psichica grave ante nuptias di cui era affetta l’attrice e l’incidenza sulla sua capacità consensuale.

La decisione in esame, insieme alle altre già citate dalla scrivente nel volume La dimensione giuridica della fragilità. Matrimonio e famiglia nella giurisprudenza canonica, a cura di Carmela Ventrella, contribuisce a fornire lo spaccato dell’inadeguatezza e della fragilità del nubendo del nostro tempo di fronte ai problemi esistenziali, quali “smarrimento e solitudine interiore” (sentenza, n. 2)[1].

Trattasi di uno stato di malessere che caratterizza l’età evolutiva e che spesso viene causato e alimentato da un legame genitoriale “tossico”. È quanto emerge dalla decisione ecclesiastica, in cui è sottolineato il difficile rapporto della donna, figlia unica, con la famiglia di origine nonché “la personalità dell’attrice che manifesta il suo disagio e la sua ribellione ad un contesto familiare oppressivo ma dal quale cercò di liberarsi senza però valutare la scelta che stava compiendo […] da persona immatura” (sentenza, n. 26). L’esame peritale ha riscontrato infatti “scarsa integrazione psicoaffettiva, autoreferenzialità, egocentrismo cognitivo che scaturivano da una problematica irrisolta nei confronti delle figure genitoriali […]. Tale condizione psichica ha impedito all’attrice di instaurare e mantenere nel tempo una relazione affettiva con il Convenuto, caratterizzata da sufficiente integrazione ed equilibrio, portandola ad instaurare un rapporto pre- e post-nuziale, altamente disfunzionale sia a livello di forma che di contenuto” (sentenza, n. 28).

Rilevante ai fini della decisione anche quanto viene dichiarato dalla parte convenuta circa i disturbi psichici dell’attrice: “quando la conobbi lei passava intere giornate o a dormire o a non far nulla, era come se stesse in uno stato di depressione … lei mi confidò che soffriva di anoressia … quando ho saputo questo eravamo da poco fidanzati ed io ho sempre cercato di starle vicino, di sostenerla moralmente di farle sentire tutto il mio affetto nei suoi confronti. … So che ha fatto degli incontri con uno psicologo perché nel periodo prima che ci conoscessimo si evidenziò una certa tensione all’interno della famiglia tale che per volontà degli stessi genitori si decise di fare una terapia familiare per capire quali erano i problemi” (sentenza, n. 26).

Dette dinamiche relazionali hanno inciso negativamente sul benessere psicologico ed emotivo della parte attrice, la quale, tempore matrimonii, soffriva di anoressia, il più diffuso tra i disturbi alimentari psicogeni, che può compromettere la capacità matrimoniale canonica in quanto strettamente connesso con i disturbi di personalità affettivi, ossessivi e borderline. Infatti, una struttura psichica appartenente a uno di questi tre tipi, come l’immaturità psicoaffettiva, spesso costituisce la base per la nascita del disordine alimentare oppure può emergere dopo l’insorgenza dello stesso. La mancanza di responsabilità dell’attrice nei confronti della vita matrimoniale, scelta soltanto per liberarsi della famiglia di origine, e la volontà di interrompere l’inaspettata gravidanza provano l’esistenza non soltanto dell’immaturità psicoaffettiva ma anche dell’anoressia nervosa.

Patrizia Piccolo

[1] Il presente commento, nella versione ampliata, sarà pubblicato su C. Ventrella (a cura di), La dimensione giuridica della fragilità. Matrimonio e famiglia nella giurisprudenza canonica, vol. II.