Consenso matrimoniale e disturbi parafiliaci

Sentenza 198/2019

Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese

 

 

Con sentenza del 30 ottobre 2019, il Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese (oggi Tribunale Interdiocesano) ha dichiarato la nullità del vincolo coniugale contratto tra i signori D. e G., dopo circa vent’anni dalla celebrazione dello stesso, a motivo della grave immaturità psico-affettiva nell’uomo convenuto.

Appena ventenni si conoscono per il tramite di un’agenzia matrimoniale, manifestando un’evidente instabilità caratteriale e insicurezza emotiva e decisionale, che sfoceranno in maniera forte ed inequivocabile nel periodo matrimoniale,.

La circostanza di volersi conoscere attraverso un’agenzia mette in luce quella fragilità esistenziale che dilaga sempre di più, soprattutto tra i giovanissimi, e che rappresenta un grave disagio della società post- moderna.

Creare una barriera tra sé e l’altro denota, sul piano affettivo, una grave mancanza di autostima; che ci si rivolga a un’agenzia o si proceda attraverso il web, questo tipo di approccio con il prossimo fa emergere una percezione sostanzialmente negativa di sè stessi e della propria immagine corporea.

Paura di non piacere, di non essere all’altezza, di non avere la capacità di trovare la persona giusta. In atti leggiamo che l’attrice, pur essendo giovanissima, si sentiva sola al punto tale di pensare di non avere nessuna chance. Per questo decide di rivolgersi a una agenzia matrimoniale; lo stesso fa il convenuto, un uomo estremamente bisognoso d’affetto per aver vissuto in un ambiente familiare nel quale non si era mai sentito accettato e compreso tanto da accusare, con il tempo, gravi problemi di isolamento affettivo che sfociano, in epoca matrimoniale, nelle discutibili condotte che marcarono, irrimediabilmente, la sua vita.

E’ chiaro che quella percezione di controllo, protezione e sicurezza che sono garantiti da qualsiasi ‘mediatore’, crollano nel momento dell’incontro, quando si assiste a uno scollamento tra il mondo reale e quello desiderato, dove la realtà vince l’illusione della perfezione.

Nella fase istruttoria sono emersi aspetti di personalità scarsamente maturi, soprattutto dal punto di vista relazionale, in particolar modo nella persona del convenuto che, via via, non ha saputo far fronte alle implicazioni e agli obblighi di una relazione coniugale.

L’unione ha vissuto la sua crisi più drammatica quando è emersa la scarsa capacità dell’uomo di gestire situazioni emotive complesse (prima fra tutte la malattia di sua madre) sfociate in condotte poco convenzionali, promiscue. La donna, sovrastata dai dubbi, ha incaricato un’agenzia investigativa che ha accertato la natura equivoca dei comportamenti dell’uomo. Questa situazione ha creato uno shock tale nell’attrice e nella sua famiglia al punto che il matrimonio, già difficile da gestire, non ha avuto più alcun senso di esistere.

Il convenuto, manifestando una grave forma di immaturità psichica, chiaramente dovuta a un complesso vissuto affettivo che lo ha privato di quelle basi indispensabili alla formazione di una personalità chiara e definita, anche dal punto di vista sessuale, non è riuscito a modulare le sue condotte secondo i canoni di ‘regolarità’. L’uomo, sopraffatto da una quotidianità che trovava troppo ‘stretta’, ha sentito l’esigenza di ‘provare nuove emozioni, nuove trasgressioni’.

Raccontava a sua moglie, senza alcuna riserva, dei ‘giochi’ che lui e i suoi amici erano soliti fare in palestra, dove vinceva ‘il più dotato’. Più volte ha provato a coinvolgerla in queste situazioni particolarmente eccitanti, a suo avviso, ma del tutto fuori luogo per la donna che non ha mai acconsentito ad assecondarlo. Queste condotte, riferite a disturbi parafiliaci, hanno gravemente inciso sul rapporto coniugale per aver provocato non soltanto sofferenza e dolore nella donna, ma anche e soprattutto per aver interferito gravemente sulla capacità del soggetto di svolgere le normali attività quotidiane, si caratterizzano come disturbi veri e propri.

L’istruttoria è stata particolarmente complessa, in particolar modo con riferimento al contraddittorio svolto dai periti presenti in giudizio.

Nello specifico, la perizia d’ufficio non ha colto il punto nevralgico dell’intera vicenda: la stessa, pur avendo ammesso le difficoltà dell’uomo nell’affrontare situazioni difficili del proprio vissuto, nulla ha evidenziato che potesse compromettere il coniugio.

E’ stata necessaria una recognitio giudiziale alla presenza sia del perito incaricato dal Tribunale sia del perito di parte attrice per fare chiarezza sulla reale condizione psicologica dell’attore, apparso del tutto inconsapevole della gravità delle sue condotte in ordine agli obblighi assunti al momento del consenso.

Il confronto tra i periti  ha rilevato questioni estremamente rilevanti in sede probatoria; tra queste emerge l’impossibilità, per il perito d’ufficio, di fornire un quadro diagnostico risalente al momento del consenso, dal momento che ella avrebbe potuto solo “fare riferimento ad una dimensione temporale: il sig. T., prima del matrimonio, non ha avuto comportamenti anomali. Solo dopo vent’anni essi si sono manifestati”. Né il perito d’ufficio è stato in grado di evidenziare disturbi o anomalie psichiche riferibili con certezza al convenuto considerata l’assenza in atti di documentazione clinica.

Da ultimo, ma non per importanza, il perito d’ufficio non è riuscito a dare una risposta chiara alla domanda: “non essendo emerse patologie afferenti la personalità, chiunque potrebbe incorrere in atteggiamenti come quelli manifestati dal convenuto?”.

Le obiezioni a queste conclusioni mosse dal perito di parte muovono, al contrario, da quanto è emerso in atti: le difficoltà relazionali nella coppia, l’assenza di progettualità e condivisione, la superficialità manifestata dall’uomo che non ha colto né la manifesta gravità dei suoi atti né le ripercussioni che questi potevano avere non solo sul legame con la moglie ma anche e soprattutto sulla crescita dei figli, all’epoca dei fatti, appena adolescenti.

A ciò si aggiunge, come ha spiegato il perito di parte, che, pur manifestandosi dopo diversi anni dalla celebrazione, i comportamenti tenuti dal convenuto potevano riferirsi anche a un periodo prematrimoniale, dato che quel rapporto non vantava condizioni tali da potersi dire orientato a una comunione di vita comune. Per altro, ha chiarito ancora il perito, il convenuto, dinanzi alle rimostranze di sua moglie sui suoi comportamenti anomali, “rispondeva che erano due cose diverse il volersi bene e l’intrattenere relazioni etero e omo. In campo scientifico, questi comportamenti si identificano come parafilie, intese come comportamenti sessuali al di fuori da quelli comunemente previsti nella pratica sessuale. Data la storia personale del convenuto, questi erano comportamenti già stabilizzati e non difficoltà”.

Il collegio giudicante, perito peritorum, ha estrapolato dall’intera istruttoria ogni elemento utile al raggiungimento della certezza morale in merito alla nullità del matrimonio de quo.

La decisione ha sottolineato la superficialità manifestata dal convenuto, quando, riferendo di quanto accaduto, “sembra estraneo ai fatti, quasi come quel vissuto non gli appartenesse e come se non fosse consapevole della gravità di quanto commesso” (Sent. p. 18).

Da tutto quanto emerso in atti, anche in considerazione della documentazione allegata a riprova di quanto avvenuto durante la vita matrimoniale, il Collegio giudicante non ha potuto negare la nullità matrimoniale per l’esistenza di una grave immaturità psico – affettiva nell’uomo convenuto.

La sessualità è un dono di Dio grazie al quale una coppia di persone sposate non solo sperimenta la finalità unitiva o il bene degli sposi (con la gioia, il piacere e la grandezza dell’intima comunione che comporta), ma implica anche la finalità procreatrice (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2363). Il matrimonio canonico vede nell’unione sessuale l’atto attraverso il quale si perfeziona il momento del consenso e assume senso in un contesto di fedeltà e di ordine.

E’ necessario, quindi, viverla con senso di pienezza e in maniera del tutto naturale affinché rispecchi ciò che la legge della Chiesa richiede alla coppia unita in matrimonio.

Tutto ciò che esula da questa ‘naturalità, soprattutto in termini di incapacità coniugale, provoca l’invalidità del consenso.