È nullo il matrimonio per condizione ‘de futuro’ apposta dall’attore
Il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Pugliese di Bari, con sentenza coram Kitambala, 5 maggio 2022, prot. n. 84/2022, dichiarava la nullità matrimoniale per “la condizione de futuro apposta dall’attore (can. 1102, § 1 c.i.c.) e per l’esclusione dell’indissolubilità da parte dello stesso (can. 1101, § 2 c.i.c.)”.
Secondo il Codice di diritto canonico, can. 1102 § 1, «non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura». Mentre il matrimonio «celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no ciò su cui si fonda la condizione» (can. 1102 § 2).
Pertanto, quando il nubente celebra il matrimonio ponendo una condizione de futuro, questa sospende la validità del consenso sino al verificarsi dell’evento dedotto in condizione, rendendolo, nell’attesa, giuridicamente inesistente. Del resto l’attesa potrebbe essere perpetua; in tal caso la validità del matrimonio è sospesa a tempo indeterminato.
Nella giurisprudenza canonica più diffusa è la condizione de praesenti, avente a oggetto una qualità della comparte, oppure la condizione de futuro, ma potestativa, perché la realizzazione dell’evento dipende dal modus agendi di quest’ultima.
Presupposto della condizione è uno stato di dubbio o di incertezza iniziale – esistente al momento della celebrazione – in chi la pone e può essere diretta verso una qualità dell’altra parte (per esempio la ricchezza, l’illibatezza, la mancanza di disturbi mentali, la capacità procreativa) o un comportamento che si esige dall’altro/a durante la vita matrimoniale e quindi legato agli obblighi coniugali (come il trasferimento in una determinata città, la conversione al cristianesimo, la fedeltà coniugale, il volere figli).
Si tratta di un motivo di nullità che ha trovato maggiore collocazione nel passato, ovvero in un contesto socio-culturale dove la decisione matrimoniale, tutt’altro che spontanea e libera, era dettata da accordi tra le famiglie per interessi prevalentemente economici. In tal caso l’efficacia del contratto nuziale e, in particolare, l’inizio della vita coniugale venivano sospesi fino a quando non si fosse riscontrata l’esistenza della circostanza o dell’evento posto a condizione.
Oggi il matrimonio condizionato sembrerebbe lontano e incompatibile con l’attuale concezione coniugale, ma proprio la pronuncia in esame dimostra che risulta essere ancora vivo. Cambiamenti sono riscontrabili relativamente alle circostanze che possono indurre il nubendo a subordinare la validità del proprio matrimonio così come al dato che chi esprime il consenso matrimoniale condizionato lo vuole con tutti i suoi effetti e inizia la vita di coppia pur con la riserva di considerarsi libero dal vincolo qualora non si verifichi o non si riscontri l’esistenza della qualità o dell’evento, che per lo più riguarda la persona che si intende sposare. Per tale ragione, in dottrina e in giurisprudenza si sostiene che la condizione apposta esiste soltanto in caso di volontà escludente un elemento o una proprietà essenziale del matrimonio, come l’esclusione dell’indissolubilità.
Nel passato, quindi, la condizione aveva effetto sospensivo anche sulla stessa convivenza coniugale, mentre oggi ha valore risolutivo del contratto matrimoniale, dato che nella maggior parte dei casi il consortium vitae coniugalis è in essere già dopo la celebrazione.
La fattispecie in esame riguarda il sig. P., il quale, giunto a quarantasei anni, stanco di approcciarsi alle relazioni sentimentali in maniera superficiale e senza progetti matrimoniali, pensò seriamente alla possibilità di diventare padre. Nel 2017 incontrò la sig.ra F., di otto anni più piccola, in una scuola di ballo e dal quel momento iniziò la frequentazione e poi il fidanzamento. Dopo un mese decisero di convivere e progettarono il matrimonio e di aprirsi alla prole. Lui desiderava avere subito dei figli e lei lo assecondò. Nonostante la scarsa conoscenza della ragazza, il sig. P., dopo appena due mesi, accettò di sposarsi sempre al solo fine di diventare padre.
La decisione matrimoniale venne presa dal medesimo con la precisa volontà di liberarsi dal vincolo se le cose non fossero andate a buon fine. Del resto, le sue idee contrarie all’indissolubilità del matrimonio erano note ai conoscenti. I rapporti intimi furono frequenti e aperti alla vita anche quando alla moglie fu diagnosticata un’infezione da HPV. Tuttavia non si giunse al concepimento.
La breve vita coniugale si svolse serenamente fino a quando iniziarono i litigi perché la donna decise di non sottoporsi a un percorso d’indagine sulla fecondità assieme al marito. Nel 2020 ci fu la separazione legale e nel maggio dell’anno successivo l’uomo, con supplice libello, chiese al Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano Pugliese la dichiarazione di nullità del matrimonio celebrato con la sig.ra F. per aver lui posto una condizione futura: “se non ci fossero stati figli nel matrimonio l’avrebbe sciolto”. In subordine, fondava la richiesta sull’esclusione dell’indissolubilità del vincolo da parte sua.
Il Ponente, dichiarata l’assenza della convenuta, ascoltati l’attore e i suoi testimoni, giunge a ritenere provata l’esistenza nel medesimo di una volontà prenuziale condizionata – e mai revocata fino alle nozze – di avere figli dal coniugio. Il sig. P., infatti, ritenne il suo matrimonio inesistente proprio nel momento in cui la moglie decise di non assecondarlo più nel desiderio di diventare padre.
Alla luce di quanto esposto, il collegio decide affermativamente, ossia che è nullo il matrimonio, in casu, perché l’attore, al momento del contratto, «subordinava l’efficacia del negozio giuridico al verificarsi di un avvenimento futuro e incerto, quale è la procreazione».
La sentenza coram Kitambala evidenzia inoltre che, come risulta dalle deposizioni dei testi, anche se il sig. P. avesse sposato un’altra donna, comunque avrebbe condizionato la validità del matrimonio alla nascita della prole.
Patrizia Piccolo