Terzo Settore per RE-TE
Il D. Lgs. n.117/2017, cosiddetto Codice del Terzo settore (nel prosieguo CTS), è entrato in vigore il 3 agosto 2017 in attuazione della delega contenuta nella Legge n. 106 del 6 giugno 2016, con l’obiettivo di provvedere “al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti”. (articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106.)
Esso rappresenta uno strumento unitario in grado di garantire la “coerenza giuridica, logica e sistematica” di tutte le componenti del Terzo settore, al fine di “sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona e valorizzando il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione”. (articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106)
Si tratta, quindi, di un complesso di norme che ha riorganizzato l’articolato settore no profit e che coinvolge anche quelli che la riforma definisce “gli enti religiosi civilmente riconosciuti” limitatamente allo svolgimento delle “attività di interesse generale” da questi svolte.
Dunque, il riferimento è a tutti gli enti confessionali che abbiano ottenuto il riconoscimento giuridico agli effetti civili da parte dell’ordinamento italiano in base agli accordi Stato-Chiese e anche agli enti di culto riconosciuti ai sensi delle norme del 1929/1930 (L. 24 giugno 1929, n. 1159 Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi; R.D. 28 febbraio 1930, n. 289 Norme per l’attuazione della legge 24 giugno 1929, n. 1159, sui culti ammessi nello Stato e per il coordinamento di essa con le altre leggi dello Stato); restano fuori dalla disciplina tutti gli enti religiosi, tali in ragione dei fini o del loro “carattere ecclesiastico”, se privi della personalità giuridica, anche se collegati a confessioni religiose che hanno stipulato accordi con lo Stato.
La presente sezione si occuperà, pertanto, di circoscrivere l’analisi dell’articolato normativo alle specifiche disposizioni concernenti gli enti confessionali, anche al fine di individuare gli strumenti, le questioni aperte e le eventuali opportunità che il legislatore ha inteso riservare a tale categoria. In effetti, come si vedrà, sotto il profilo soggettivo il testo individua chiaramente i soggetti e le condizioni necessarie ai fini dell’applicabilità delle nuove disposizioni, delineando, altresì, i vincoli civilistici che gli enti devono rispettare, nonché la relativa disciplina fiscale.
Attualmente, l’intervento legislativo non è stato ancora compiutamente definito, in quanto non sono stati emanati tutti i decreti attuativi previsti dalla citata legge delega n. 106/2016. Con l’avvio della XVIII Legislatura (marzo 2018) le competenti Commissioni parlamentari hanno, invero, iniziato l’esame degli schemi dei decreti integrativi e correttivi del Codice del Terzo Settore e del Decreto di revisione dell’impresa sociale; ma tali attività sono, ad oggi, ancora incomplete.
È, tuttavia, importante guardare alla riforma nell’ottica di una più ampia revisione normativa messa in atto dal Legislatore a partire dal 2016 e ancora in corso che involge, in particolare, i profili fiscali e tributari delle attività legate al terzo settore; disposizioni significative per gli enti confessionali e che è utile analizzare, laddove introducono agevolazioni o sgravi tali da incentivare lo svolgimento di attività di utilità e promozione sociale.
Ci si riferisce, ad esempio, al cosiddetto Decreto Fiscale (Legge n. 136 del 17.12.2018, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), che intervenendo con alcune modifiche al Codice di cui si darà conto nel prosieguo (in particolare l’articolo 24 ter), fornisce, fra gli altri, un nuovo criterio per la determinazione della natura commerciale o non commerciale degli enti del Terzo settore (comma 2 bis all’articolo 79) e interviene sulla disciplina delle deduzioni previste per chi effettua erogazioni liberali a favore di enti del Terzo settore, non solo in denaro, ma anche in natura (art. 83, comma 1).
Anche il Decreto Semplificazioni (Decreto Legge n. 135 del 14 dicembre 2018, Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione) completa la normativa qui esaminata, ripristinando l’aliquota IRES al 12% per le attività del Terzo settore, dopo l’innalzamento previsto dalla legge di Bilancio 2019; include, inoltre, le associazioni o fondazioni di diritto privato originate dalla trasformazione di istituti pubblici di assistenza e beneficenza (cd. ex IPAB) nel novero degli enti del Terzo settore.
L’aggiornamento normativo non può, da ultimo, tralasciare la legislazione emergenziale scaturita dalla crisi sanitaria da COVID-19.
Il Decreto legge “Cura Italia” (Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, coordinato con la legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27) ha, tra gli altri, rinviato dal 30 giugno al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale le O.n.l.u.s., le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (ASP) erano tenute ad adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel CTS. Entro lo stesso termine del 31 ottobre 2020, le imprese sociali hanno, quindi, potuto modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria.
Queste e molte altre le principali novità che l’annunciata riforma del comparto no profit, alla quale si lega una rete di disposizioni attuative, porta con sè.
Il nodo centrale che interessa gli enti ecclesiastici è legato all’applicabilità tout court della normativa in questione, soprattutto con riguardo al regime dei beni e al complessivo sistema di governance che soggiace alla specialità confessionale. Ne discendono una serie di problematiche applicative e di adempimenti contabili che mettono in discussione i potenziali effetti (nonché vantaggi) che dall’assoggettabilità al CTS ne possono derivare.
Ferma una valutazione accurata e da operare caso per caso, è importante segnalare un passaggio cruciale che ha segnato il sistema complessivo della riforma e che coglie nel segno del tema qui affrontato: ci si riferisce alla sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 2020 che riguarda il rapporto fra la Pubblica amministrazione e gli enti del terzo settore. Una sentenza che consacra il coinvolgimento attivo di questi ultimi nelle attività di programmazione sociale di zona attraverso una modalità condivisa di gestione con lo Stato, così come già stabilito dagli articoli 55 e 56 del CTS in attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità. In altri termini, è come se la Corte avesse riconosciuto la necessità dello Stato, non più unico titolare del bene comune, di avvalersi di “partner di progetto” per dare risposta ai molteplici bisogni emergenti nella società moderna. La sentenza rappresenta uno strumento di orientamento per le Amministrazioni pubbliche, ma anche un auspicio per gli ETS affinchè possano dar vita a forme di co-programmazione e co-progettazione, soprattutto nel settore dei servizi alla persona, superando ogni forma di sterile competizione.
Del resto il Codice contiene una serie di misure promozionali volte a favorire queste nuove modalità di interazione tra pubblico e privati, da realizzarsi principalmente grazie ad un trattamento fiscale vantaggioso riservato agli ETS che possa sollecitare questi ultimi ad impegnarsi nelle attività di interesse generale. In questa prospettiva gli enti confessionali rappresentano gli attori privilegiati della solidarietà che, come ha di recente chiarito la Consulta, ha da sempre una dimensione relazionale, essendo all’origine di “una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese”, tanto da assicurare e garantire forme di assistenza, solidarietà e istruzione agli emarginati sin da prima che si delineassero i sistemi pubblici di welfare.
Forti di questa consapevolezza, la presente sezione di approfondimento intende fornire indicazioni tecniche e suggerimenti di carattere pratico per orientare gli operatori nell’ambito di un corpus normativo seppure tratteggiato nell’impianto generale, ancora per certi versi oscuro e di difficoltosa attuazione.
Per approfondimenti sul tema, si segnalano i seguenti riferimenti:
https://www.claudiana.it/autore-simona-attollino-1108.html